Crimine

Femminicidio Cadoneghe, Aycha uccisa in un raptus di gelosia

Sembra che il marito non abbia perdonato l’aborto e che fosse convinto che il vero motivo del gesto fosse l’incertezza da parte della moglie sulla paternità.

Femminicidio Cadoneghe, Aycha uccisa in un raptus di gelosia
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Il movente, la gelosia.

Atroce delitto

Proseguono le indagini sul femminicidio di Cadoneghe avvenuto proprio nel giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Nella notte tra il 24 e il 25 novembre 2020 un 39enne, Abdelefettah Jennati magazziniere presso una ditta dell'Alta Padovana di origini marocchine ha ucciso la moglie 30enne, connazionale, Aycha El Abioui, con un coltello da cucina. Dalle prime informazioni era emerso che la donna aspettava un bambino invece la donna aveva abortito quasi un mese fa perché la gravidanza era rischiosa dato che l'ultimo parto era stato problematico.

La gelosia

Secondo gli investigatori il movente del delitto potrebbe essere proprio la gelosia. Sembra che il marito non abbia perdonato l’aborto e che fosse convinto che il vero motivo del gesto fosse l’incertezza da parte della moglie sulla paternità. I coniugi vivono in Italia da circa dieci anni e hanno tre figli minorenni che per ora sono stati affidati a un'amica della vittima. Secondo quanto è emerso Aycha un mese fa aveva denunciato il marito, descrivendo dettagliatamente la gelosia morbosa dello stesso. Querela che poi era stata ritirata dalla stessa.

Cercava la libertà

Marco Schiesaro, sindaco di Cadoneghe ha affermato:

“Una preghiera dal profondo del cuore per Aycha El Abioui, nostra concittadina vittima nella notte della violenza omicida del marito Abdelfettah. Era una donna che amava e cercava la libertà, per lei e per i suoi tre bambini, e aveva deciso di allontanarsi da quell'uomo che la considerava una sua proprietà.
Questa mamma era seguita dai nostri servizi sociali e dal Centro Veneto Progetti Donna di Padova, che l'aveva presa in carico per la tutela legale e il supporto psicologico. Recentemente aveva deciso di rientrare a casa insieme ai figli, credendo forse alle scuse e alle promesse di quell'essere meno che umano: non lo sapremo mai.
Il nostro primo dovere è ora verso i bambini, che frequentavano le nostre scuole. Ci prenderemo cura di loro nel modo migliore possibile, con l'aiuto di tutta la comunità di Cadoneghe, di cui fanno e faranno sempre parte. Ogni altra parola sarebbe di troppo, in questo momento, di fronte a un dolore così grande”.

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