Operazione "Pakarta"

Pakistani sfruttati come "bestie", ai domiciliari anche due dirigenti di "Grafica Veneta"

Nello specifico è stato rilevato che anche parte della dirigenza di “Grafica Veneta” era perfettamente a conoscenza dello sfruttamento dei lavoratori stranieri.

Pubblicato:
Aggiornato:

L’operazione denominata “Pakarta”, che oggi ha visto la sua conclusione, è iniziata nel maggio del 2020.

Pakistani sfruttati come "bestie"

Dalle prime ore del mattino di oggi, lunedì 26 luglio 2021, i Carabinieri della Compagnia di Cittadella (PD) e del Nucleo Carabinieri Tutela Lavoro di Venezia sono impegnati nell’esecuzione di ordinanze di custodia cautelare a carico di cittadini pakistani che prevedono la carcerazione, e a carico di due cittadini italiani, che dispongono gli arresti domiciliari.

L’operazione denominata “Pakarta”, che oggi ha visto la sua conclusione, è iniziata nel maggio del 2020 quando, lungo la SS 16, nel comune di Piove di Sacco (PD), era stato trovato un cittadino pakistano lasciato a margine della carreggiata con le mani legate dietro la schiena, che era stato vittima di un violento pestaggio e di rapina.

Successive segnalazioni giunte alle Centrali Operative dell’Arma di Padova e Mestre (VE) indicavano la presenza di altri stranieri provenienti dallo stesso paese, che chiedevano aiuto asserendo di essere stati percossi, derubati dei documenti e dei loro averi, per essere quindi abbandonati per strada. Infine, altri 5 pakistani si erano presentati all’ospedale di Padova, riferendo una analoga situazione.

L'indagine

Gli accertamenti svolti avevano condotto a un unico evento che si era verificato nei comuni di Trebaseleghe (PD) e Loreggia (PD), facendo scattare l’inizio delle indagini che hanno consentito di scoprire una avviata attività di sfruttamento di lavoratori, tutti di nazionalità pakistana, da parte di una violenta organizzazione criminale composta da connazionali, che si avvaleva della facciata di una società, con sede nel Trentino, che forniva operai ad alcune aziende del nord.

Le vittime infatti erano tutte dipendenti di una società trentina attiva nel campo del confezionamento e finissaggio di prodotti per l’editoria, di proprietà di due cittadini (padre e figlio) pakistani con cittadinanza italiana, che fornisce manodopera ad alcune aziende di grosse dimensioni ubicate nel nord. Nella fattispecie, le vittime, durante quel periodo, lavoravano alla società “Grafica Veneta” di Trebaseleghe.

L’attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Padova, ha svelato i metodi utilizzati dai destinatari delle misure per soggiogare e intimidire i lavoratori, alloggiati in abitazioni nella provincia di Padova, impiegati all’interno di un’importante azienda con sede legale nel padovano, di cui due persone destinatarie di provvedimento, che occupano una posizione societaria apicale, erano a conoscenza della situazione di illegalità.

Sfruttati senza pietà

Il proseguimento delle investigazioni ha consentito di accertare in particolare la concordanza delle testimonianze fornite dalle vittime, fornendo lo spunto per richiedere alla Procura della Repubblica di Padova, l’avvio di un’attività investigativa di carattere tecnico, con il coordinamento del pubblico ministero dott. Andrea GIRLANDO.

Da subito è emerso come i titolari della “B.M. Services sas” con sede in Lavis (TN), assumessero connazionali per brevi periodi, stipulando regolari contratti di lavoro (part-time e full-time). In realtà, però, questi operai venivano sfruttati per molte ore al giorno (anche 12), senza alcuna pausa per riposarsi, senza ferie, né alcuna tutela rientrante nel pacchetto dei diritti del lavoratore.

Inoltre, era stato avviato un articolato “sistema estorsivo” finalizzato al recupero di una gran parte dello stipendio che veniva versato, ma di fatto riacquisito con prelievi agli sportelli ATM eseguiti personalmente dai due titolari o da persone di loro fiducia attraverso le carte di debito intestate ai lavoratori, che si facevano consegnare all’uopo per riacquisire il denaro, così come la cd “tredicesima”. Come se non bastasse, i lavoratori erano costretti a pagarsi l’affitto per un posto letto ricavato all’interno di abitazioni dove vivevano anche in più di 20 persone ammassate, messe a disposizione dall’organizzazione che si avvaleva di connazionali di fiducia per gestire il tutto.

Per non destare sospetti, la società trentina assumeva lavoratori provenienti dal loro stesso paese, per un periodo di pochi mesi. Questi ultimi, sia per questioni culturali che per le difficoltà linguistiche, non erano a conoscenza dei basilari diritti riconosciuti ai lavoratori nel nostro paese. Il protrarsi delle assunzioni, però, come nel caso di specie, ha comportato che gli operai avevano iniziato a capire di essere oggetto di sfruttamento e di abusi, pertanto si erano rivolti ad un sindacato di categoria.

I titolari della società di Lavis e i loro fedelissimi che gestivano questa illecita organizzazione, scoperto quanto era accaduto, hanno organizzato un’azione punitiva che potesse anche costituire da esempio per gli altri lavoratori “ribelli” che intendessero seguire questa strada.

"Grafica Veneta sapeva..."

Il 25 maggio al ritorno nelle loro abitazioni di Trebaseleghe e Loreggia, gli operai hanno trovato ad attenderli le squadre di picchiatori che li hanno aggrediti, e dopo averli legati mani e piedi, percossi per derubarli dei soldi, dei documenti e di ogni altro avere, compresi i telefoni cellulari per impedire loro di chiedere aiuto. Infine li hanno costretti a salire a bordo di tre veicoli, per abbandonarli nei luoghi sopra indicati.

Con quest’attività d’indagine, grazie anche alla preziosa collaborazione del Gruppo Carabinieri Tutela del Lavoro di Venezia, che ha supportato l’Arma cittadellese grazie all’ elevata specializzazione nel settore, si è potuta estendere l’attività anche nei confronti di aziende italiane committenti che richiedevano il lavoro degli stranieri. Nello specifico è stato rilevato che anche parte della dirigenza di “Grafica Veneta” era perfettamente a conoscenza dello sfruttamento dei lavoratori stranieri, sia per quanto riguarda gli incessanti turni di lavoro, che per la sorveglianza a vista a cui erano sottoposti. Erano, inoltre, ben consapevoli delle degradanti condizioni di lavoro, della mancata fornitura dei DPI (protezioni da rumori, scarpe antinfortunistiche, ecc.). Tale situazione ha comportato un tentativo di elusione dei controlli, edulcorando e/o eliminando dai server informatici gran parte dell’archivio gestionale che registra gli ingressi e le uscite dei lavoratori.

Per questo motivo la Procura della Repubblica di Padova, condividendo le risultanze investigative dei Carabinieri della Compagnia di Cittadella, supportate da inequivocabili fonti probatorie, ha richiesto al GIP l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 9 cittadini pakistani, responsabili dei reati di lesioni, rapina, sequestro di persona, estorsione e sfruttamento del lavoro, nonché un’ordinanza di sottoposizione agli arresti domiciliari di due dirigenti di “Grafica Veneta” per sfruttamento del lavoro.

Sono stati raggiunti da Ordinanza di Custodia Cautelare in carcere:

  1. BADAR Arshad Mahmood, 3.04.1967
  2. BADAR Asdullah, 12.01.1993
  3. BASHIR Hassan, 20.04.1989
  4. ABBAS Zaheer, 3.05.1987
  5. HAIDER Muhammad Rizwan, 4.07.1986

Altri 4 cittadini pakistani sono tuttora ricercati. Ordinanza di Custodia Cautelare degli Arresti Domiciliari:

  1. BERTAN Giorgio, 24.05.1978
  2. PINTON Giampaolo, 5.11.1961

Divieto di dimora nei comuni della regione Veneto per il solo concorso in Rapina:

  1. MEHDI Raja Muntazir, 01.09.1991 Pakistan
  2.  NASIR Mahmood 01.05.1982 Pakistan
Seguici sui nostri canali