Tutela dei lavoratori

Una paga da 3,96 euro all'ora non è costituzionale: il tribunale di Milano contro il "lavoro povero"

Il 30 marzo 2023 la condanna per una società di vigilanza con sede a Milano che dovrà versare le differenze retributive

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L' inadeguatezza del contratto collettivo può essere accertata attraverso l’art. 36 della Costituzione

Una paga da 3,96 euro all'ora non è costituzionale: il tribunale di Milano contro il "lavoro povero"

Una paga al di sotto del reddito di cittadinanza, 685,25 euro per tredici mensilità per un servizio di portierato in un magazzino della grande distribuzione a Padova. Calcolatrice alla mano: 3,96 euro all'ora, sotto la soglia di povertà.

Il 30 marzo 2023 il Tribunale di Milano ha condannato C.I.V.I.S, importante società di vigilanza con sede a Milano, riconoscendo il diritto di una dipendente padovana, che si è rivolta allo Studio Gianolla – D’Andrea, a percepire un trattamento retributivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa che rispetti i principi dell’articolo 36 della Costituzione: una norma fondamentale e necessaria, perché garantisce il diritto ad un retribuzione proporzionata e sufficiente. Ad accompagnare la lavoratrice verso questa "storica" vittoria  l'Adl Cobas, l'associazione diritti di lavoratori che dichiara:

"Il Tribunale di Milano, a fronte delle richieste del ricorrente, analizza l’art. 36 sotto due profili: il primo, relativo al diritto ad una retribuzione “proporzionata” (criterio della proporzione), nel senso che assicuri al lavoratore una ragionevole commisurazione della propria ricompensa alla quantità e qualità dell’attività prestata;

il secondo, invece, al diritto ad una retribuzione “sufficiente” (criterio della sufficienza), per stabilire la quale è necessario riferirsi al determinato periodo storico e alle condizioni concrete di vita esistenti, e valutare se la stessa ricada sotto il livello minimo necessario ad assicurare al lavoratore un’esistenza libera e dignitosa-spiegano- Quest’ultimo criterio si ritiene sussidiario rispetto a quello della proporzionalità alla quantità e alla qualità del lavoro, nel senso che, accertata l’adeguatezza della retribuzione sotto tale profilo, il ricorso al criterio della sufficienza è utile a stabilire un’eventuale revisione della stessa in considerazione della situazione familiare del lavoratore.

La retribuzione prevista dal contratto collettivo quindi, acquista solo una “presunzione” di adeguatezza ai criteri di proporzionalità e sufficienza, una presunzione non assoluta: l’eventuale inadeguatezza può essere accertata attraverso il parametro di cui all’art. 36 della Costituzione, che è “esterno” rispetto al contratto."

C.I.V.I.S inoltre è stata condannata a corrispondere le differenze retributive a favore della dipendente, prendendo come riferimento il CCNL "portierato":  372€ mensili, il 30% in più di quanto previsto dal CCNL applicato da C.I.V.S.

 

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