Tornano a far parlare di sé le moschee di Padova dopo che, l’europarlamentare Anna Maria Cisint ha riacceso i riflettori sul centro culturale islamico di via Turazza, che è stata dichiarata abusiva.
La moschea di via Turazza
La moschea nel quartiere Stanga, è stata dichiarata abusiva dall’ufficio di vigilanza del settore edilizia privata del Comune dopo che, giovedì 17 luglio 2025, Anna Maria Cisint e Eleonora Mosco avevano denunciato l’illegalità del centro islamico.
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Di fatto, come ha annunciato sui social la consigliera Mosco:
“Già il 17 luglio, insieme all’On. Anna Maria Cisint, avevamo denunciato questa situazione di illegalità, dopo il caso di via Don Lago. La sinistra, però, ha preferito voltarsi dall’altra parte, permettendo per anni che un ex negozio diventasse un luogo di culto fuori controllo, senza regole né autorizzazioni.
Ora anche gli uffici tecnici del Comune lo confermano: opere abusive, cambio di destinazione d’uso non autorizzato, ambienti trasformati irregolarmente. Altro che integrazione: questa è una zona franca dell’illegalità, tollerata da chi governa la città.
Non arretriamo di un passo: pretendiamo la chiusura immediata dell’immobile e la revoca di ogni attività abusiva”.
La legge “anti-moschee”
La moschea di via Turazza fu creata nel 2012, quando la Città era sotto la guida di Flavio Zanonato, ma, come successivamente ha confermato l’amministrazione padovana, non rispetta i requisiti né i permessi della cosiddetta legge “anti-moschee”.
Nello specifico, è stata introdotta nell’aprile del 2016 quando sono state approvate delle modifiche alla legge urbanistica veneta, che trattano proprio i criteri per i quali si può aprire un nuovo centro religioso. Tuttavia, non è mancato l’intervento della Corte Costituzionale, sia per la legge veneta che quella lombarda, soprattutto per quanto riguardava l’obbligo dell’utilizzo dell’italiano per le attività non strettamente rituali.
Infatti, la giurisprudenza costituzionale aveva sottolineato:
“la Regione può imporre le condizioni e le limitazioni strettamente necessarie a garantire le finalità di governo del territorio affidate alle sue cure, mentre non può introdurre ulteriori obblighi, privi di nessi adeguati con la tutela di interessi urbanistici o di altri interessi costituzionalmente rilevanti, ricompresi nel perimetro delle attribuzioni regionali, specie se tali obblighi si prestano a determinare ampie limitazioni di diritti fondamentali della persona, qual è l’uso della lingua”.
Cosa accadrà?
L’assessore all’edilizia privata, Antonio Bressa, ha affermato che si metterà in contatto, assieme all’amministrazione comunale, con i rappresentanti della comunità islamica di Padova. Di fatto, l’obiettivo è quello di trovare un altro spazio da adibire a luogo di culto per i circa 12mila musulmani padovani. In particolare, ha dichiarato:
“Con gli assessori competenti, ovvero il vicesindaco Micalizzi, Ragona, Benciolini e Colonnello presto ci riuniremo con tutti i loro rappresentanti per individuare possibili soluzioni in grado di garantire la libertà di culto e la gestione, alla luce del sole, dell’insediamento di strutture religiose pur nel complicato contesto voluto dalla Regione. Perché solo una società più integrata e coesa è una società più sicura”.
Inoltre, l’assessore all’urbanistica, Andrea Ragona, ha voluto aggiungere:
“La cosiddetta legge “anti-moschee” della Regione Veneto è fatta appositamente non per risolvere i problemi, ma per crearne e in questi anni tutti i Comuni si sono scontrati con la sua assurdità, dal momento che mette i bastoni tra le ruote a chi vuole regolarizzare alcune situazioni. È una questione strettamente legata all’urbanistica, dal momento che per poter garantire un diritto sancito dalla Costituzione, cioè il diritto a professare liberamente la propria religione, obbliga a istituire processi molto complessi, ovvero attuare varianti istituendo zone religiose con standard urbanistici particolari e oneri che non tutti possono affrontare”.