Sabato scorso, 13 settembre 2025, alle 11, nell’Aula Magna dell’Università di Padova, si è tenuto il convegno dal titolo “Violenza di genere. Comprendere, agire, prevenire”: relatori Gino Cecchettin, Presidente della Fondazione “Giulia Cecchettin”, il Prefetto Maria Luisa Pellizzari, il Procuratore Capo della Repubblica di Padova dott. Angelantonio Racanelli e il Primo Dirigente della Polizia di Stato dott. Giuseppe Maria Iorio, dirigente della Divisione Anticrimine della Questura di Padova. Moderatrice la giornalista Micaela Faggiani del “Gruppo La7”.
Gino Cecchettin
Dopo gli indirizzi di saluto del Questore Marco Odorisio, del Prefetto Giuseppe Forlenza e della Magnifica Rettrice dell’Università degli Studi di Padova Daniela Mappelli, è intervenuto per primo Gino Cecchettin che si è rivolto ai giovani.
“Agire” è quanto di più difficile si possa fare, dopo la sua vicenda avrebbe potuto chiudersi in casa ma non avrebbe mai provato quel calore ascoltando le parole delle Istituzioni per lui e per Giulia. Anche se agire è molto faticoso ma è importante per far rivivere Giulia, come uno scrittore che vive nelle opere che ha lasciato.
Con la Fondazione, ha spiegato, mira a diffondere la cultura del rispetto, un rispetto che guarda alla donna come un pari o anche un po’ più in alto. Per questo la Fondazione si occupa di interventi nelle scuole, in particolare, per infondere una cultura di gestione delle emozioni, al pari delle altre materie scolastiche, smantellando una cultura della carriera e del patriarcato”.

È poi intervenuto il Prefetto Maria Luisa Pellizzari
Cresciuta e laureata a Padova dove ha anche lavorato per diversi anni, sottolinea come la violenza di genere fino a poco tempo fa venisse trattata come qualsiasi altro reato.
“Molta strada è stata fatta per contrastare questo fenomeno ma forse non si è fatto ancora abbastanza dal punto di vista culturale, cambiamento che ci consentirà di non arrivare alla repressione, al fatto di reato. Constato – da detto ai ragazzi presenti – un abbassamento dell’età degli autori di questi reati, espressione del fatto che manca ancora una politica educativa sul rispetto.
È importante saper riconoscere i segnali, anche se non costituenti fatti penalmente rilevanti di per sé, di relazioni tossiche o disfunzionali, comportamenti che nell’agire quotidiano sentiamo spesso, ad esempio “vuole sapere sempre dove mi trovo, mi denigra davanti agli amici, controlla come utilizzo il denaro, è troppo geloso, mi accusa di tradimenti, mi fa sentire in colpa.
Anche di fronte ad uno solo di questi comportamenti bisogna “ascoltarsi”, ovvero capire gli effetti che quel comportamento ha su di noi, perché chi vive in una situazione di questo tipo deve parlarne, perché c’è una rete che può aiutare, di associazioni e istituzioni”.

La Prefetto Pellizzari, infine, ha sottolineato la necessità di non dover tornare alla vittimizzazione secondaria, cioè non si può non concentrarsi sul comportamento violento contro la vittima.
Il silenzio invece determina isolamento
Ha preso poi la parola il Procuratore Capo della Repubblica di Padova dott. Angelantonio Racanelli il quale ha sottolineato come lo strumento penale non è da solo idoneo ad affrontare questo problema, anche perché interviene nel momento patologico, quando già si è consumato il fatto.
“Negli ultimi anni c’è stato un affinamento normativo importante, con il codice rosso del 2019 che impone una reazione immediata e rapida per certi tipi di reati. La vittima, inoltre, viene inserita in un percorso di tutela multidisciplinare, questa è una novità importante.
Si sta lavorando per l’introduzione di una norma nuova, il femminicidio, che prevedrà direttamente la pena dell’ergastolo, ma introdurre il reato non basta per risolvere il problema. Ha sottolineato l’importanza della presenza delle scuole oggi perché il problema della violenza di genere è principalmente un fatto sociale che va combattuto culturalmente. Nel nuovo disegno di legge per la prima volta ci sarà il riferimento alla vittimizzazione secondaria”.

La violenza di genere inizia con la violenza psicologica
Il Primo dirigente della Polizia di Stato Giuseppe Maria Iorio ha chiuso gli interventi dei relatori, sottolineando che la violenza di genere ha un ciclo e che spesso inizia con gesti che non rivelano subito e palesemente una forma di violenza.
“Spesso la violenza di genere inizia con la violenza psicologica e quando la vittima decide di intervenire e chiedere aiuto alla Polizia, viene fuori un grande “sommerso” dovuto a tante paure, come per esempio di ripercorrere il dolore in un processo, o la paura della reazione dei parenti, allora noi dobbiamo spiegare a chi ci chiede anche solo un consiglio che si è liberi di procedere facendogli conoscere gli strumenti a disposizione che oggi sono tanti, scegliendo il giusto percorso per chi abbiamo di fronte.
Noi intanto dobbiamo valutare la pericolosità della situazione. Va scardinata la paura di agire, anche attraverso un approccio multidisciplinare, con i centri antiviolenza o i servizi sociali per esempio”.
Ai giovani, Iorio ha indicato YOUPOL, applicazione che può essere scaricata sui propri cellulari, con cui si può segnalare una situazione di violenza che sta vivendo in prima persona o una persona che si conosce, consentendo alla Polizia di intervenire immediatamente.

La chiave in tasca ai ragazzi
A Ginevra, studentessa del liceo classico Tito Livio, che ha chiesto come si può fare per divulgare la nuova cultura di si continua a parlare, Gino Cecchettin ha risposto chiedendo aiuto agli stessi ragazzi, perché servono “chiavi particolari” che solo loro hanno e possono usare per aiutare chi è più adulto a cambiare, a comprendere e prendere coscienza delle radici più profonde della violenza di genere.
Filippo, studente del liceo scientifico Curiel. è intervenuto per dire che secondo lui c’è una cultura retrograda per la quale si tende ancora troppo a colpevolizzare la vittima di violenza di genere, ed ha chiesto come mai sia ancora così forte la resistenza a sporgere denuncia per una donna: paura di essere colpevolizzata?
“La vittima ha bisogno di essere capita e sostenuta – gli ha risposto Maria Luisa Pellizzari – così si sostiene la libertà delle donne, come quella di tutti, e si cresce nel rispetto. Si, ci sono comportamenti che possono portare a non denunciare, e problema non deve essere sottovalutato”.