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Coppia di uomini italiani fermata in Argentina: cercava di rientrare in Italia con bimba avuta da maternità surrogata

Il padre naturale della neonata è un oncologo padovano: insieme al compagno si sarebbe accordato con una 28enne originaria di Rosario

Coppia di uomini italiani fermata in Argentina: cercava di rientrare in Italia con bimba avuta da maternità surrogata
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Una coppia di uomini italiani è stata fermata, negli scorsi giorni, in Argentina, all'aeroporto di Buenos Aires, mentre stavano per tornare in Italia con una bambina nata con maternità surrogata. I due hanno ammesso di aver concordato la gravidanza con una donna di 28 anni originaria della città di Rosario e si apprestavano a portare in Italia la piccola.

Uno dei due sarebbe il padre naturale della neonata, si tratta di un oncologo di Padova. In Italia, però, la maternità surrogata è diventata reato universale il 16 ottobre 2024. Nonostante in molti Paesi del mondo sia una pratica legale, i neogenitori che rientrano nel nostro Paese con un bebè frutto di questa pratica rischiano la pena detentiva da due mesi a tre anni di reclusione.

Coppia italiana fermata in Argentina con una bimba nata da maternità surrogata

Come riporta News Prima, la bambina, nata il 10 ottobre 2024, secondo gli accordi sarebbe poi stata cresciuta in Italia dalla coppia. Legalmente è figlia della donna che l'ha partorita e di uno dei due uomini, un oncologo di Padova. La coppia viaggiava con la donna, erano diretti a Parigi quando sono stati fermati in seguito ad un controllo in aeroporto.

La giustizia federale ha aperto un procedimento penale e ordinato con urgenza il divieto di lasciare il paese.

La maternità surrogata "è una questione che non è regolamentata. La stiamo studiando. Si tratta di un caso molto difficile", ha detto un funzionario che lavora sul caso.

Secondo La Nacion, la giovane madre avrebbe fatto questa scelta perché necessitava denaro e non per uno scopo meramente altruistico e senza alcun compenso. La 28enne sarebbe infatti disoccupata, con una figlia minorenne a carico.

"È in una situazione di estrema vulnerabilità", ha sottolineato il funzionario.

La giustizia argentina sta indagando su altri casi di maternità surrogata che nasconderebbero una tratta di esseri umani, ma questo è il primo in cui una coppia viene fermata prima di portare un bambino all'estero.

La vicenda

L'allarme è scattato all'Immigrazione, quando la ragazza si è presentata all'Aeroparque con un italiano dicendo che voleva autorizzarlo a viaggiare da solo con il loro bambino. Le autorità per l'immigrazione hanno notato stranezze nel comportamento della donna con la bambina e la notevole disparità con l'uomo che si era presentato come suo compagno.

I documenti erano in regola perché i due risultavano essere i genitori della neonata, ma lei risiede in un insediamento a Rosario e lui, che vive in Italia, aveva registrato un solo precedente viaggio in Argentina, nell'agosto del 2023.

Questo ha fatto subito escludere la possibilità di un concepimento naturale. L'immigrazione ha quindi contattato il tribunale federale di Lomas de Zamora, con giurisdizione sull'aeroporto, e ha presentato una denuncia. Il giudice Federico Villena ha rinviato il caso al procuratore, che ha richiesto l'apertura di un'indagine penale per tre possibili reati: tratta di esseri umani, vendita di bambini o appropriazione di minori.

I quattro sono stati bloccati all'imbarco e non possono lasciare il Paese.

Contattata tramite Facebook

Nuove informazioni emergono sul caso della coppia italiana trattenuta in Argentina per aver tentato di portare in Italia una bambina nata da maternità surrogata.

La madre biologica, stando a quanto viene riportato, avrebbe rivelato di essere stata contattata tramite un gruppo Facebook dedicato alla gestazione per altri e di aver ricevuto un pagamento di circa 5.500 euro (corrispondenti a sei milioni di pesos), a sei mesi dall'inizio della gravidanza.

Gli inquirenti stanno ora indagando sugli intermediari, responsabili dell'organizzazione logistica e medica. Fonti vicine all'indagine riferiscono che questa rete operava con collegamenti negli Stati Uniti e manteneva le comunicazioni con la gestante tramite messaggi a tempo, a ulteriore garanzia di riservatezza. La stessa rete, inoltre, avrebbe provveduto a stipulare un’assicurazione sanitaria per la madre biologica e ad affittarle un appartamento a Recoleta, un quartiere esclusivo di Buenos Aires, dove la donna è rimasta fino al parto, avvenuto il 10 ottobre scorso presso una clinica privata della capitale.

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