La prima donazione d’organo “samaritana” post-Covid: tre vite salvate grazie a una catena di generosità
Un gesto straordinario di altruismo avvia una sequenza di trapianti a Padova, Bologna e L’ Aquila
Un’eccezionale donazione d’organo "samaritana" ha permesso di salvare tre vite in Italia, segnando la prima operazione di questo tipo dal 2019. L’iniziativa, partita dal Centro Trapianti Rene e Pancreas dell’Azienda Ospedale Università di Padova, ha coinvolto anche i centri di Bologna e L’Aquila, in una catena di altruismo resa possibile grazie al perfetto coordinamento di 110 operatori sanitari (in copertina: immagine di repertorio).
Una catena salvavita
Il trapianto "samaritano" si verifica quando una persona sana dona un organo alla Rete Nazionale Trapianti, in questo caso un rene, permettendo di avviare una catena di donazioni che salvano più vite.
Guarda il servizio di Tv7, televisione del gruppo editoriale Netweek:
Il rene del donatore è stato assegnato a un paziente in cura presso l’Ospedale San Salvatore dell’Aquila. Da qui è iniziata una catena virtuosa: un familiare del ricevente aquilano, incompatibile con lui, ha donato a sua volta un rene, destinato a un paziente del Policlinico Sant’Orsola di Bologna. Anche in questo caso, un familiare del trapiantato ha donato un rene, completando la catena con un paziente del Centro trapianti di Padova.
Il commento di Zaia
"Una donazione d’organo ‘samaritana’ è un concatenarsi virtuoso di generosità, scienza, preparazione clinica, perfetto sincronismo tra più Centri Trapianto", afferma il Presidente della Regione, Luca Zaia, orgoglioso della riuscita della donazione. "Una notizia come quella di oggi non si riceveva dal 2019, e per questo è da festeggiare con gioia e orgoglio, anche perché la catena umana che è stata realizzata è partita dal Centro Trapianti Rene e Pancreas dell’Azienda Ospedale Università di Padova, al quale il donatore samaritano si è rivolto per il suo straordinario gesto di altruismo. Complimenti ai clinici Padovani e a quelli di Bologna e L’Aquila, che hanno composto il trio salvavita".
"Una catena - aggiunge Zaia - resa possibile dallo straordinario sincronismo con il quale hanno lavorato ben 110 operatori sanitari coinvolti tra medici, infermieri, psicologi, biologi, personale del Centro Nazionale Trapianti diretto da un altro grande veneto come il dottor Giuseppe Feltrin, i coordinamenti regionali di Veneto, Abruzzo ed Emilia Romagna".
"La sanità veneta e italiana - conclude il Governatore - hanno dato un segnale forte di efficienza e capacità scientifiche e cliniche in un momento particolarissimo nel quale, purtroppo, in sanità fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. A tutti i protagonisti va il mio riconoscente grazie".
La cultura del dono
Flavia Petrin, presidente di AIDO, ha sottolineato l’importanza di questo evento per promuovere la cultura della donazione:
"E' una di quelle buone notizie che fa piacere apprendere. Da oltre 50 anni, come AIDO, promuoviamo la donazione post-mortem a fini di trapianto salvavita per persone che non hanno altra possibilità di cura. Ci fa tanto piacere sapere che qualcuno ha deciso di scegliere questo straordinario atto di solidarietà in vita e nei confronti della società".
"Oltre al risvolto molto concreto di aiutare chi attendeva il trapianto, è una spinta a diffondere quella cultura del dono che auspichiamo possa diventare sempre di più patrimonio della collettività. Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile il triplice trapianto".
Il successo del triplice trapianto non è solo un traguardo medico, ma un potente messaggio di altruismo e umanità, capace di trasformare la vita di chi non ha altra possibilità di cura.