Rientrati in Italia

Dopo 40 giorni torna in Italia con la figlia la coppia padovana bloccata in Argentina

La coppia e la bambina nata tramite gestazione per altri sono ancora al centro di un'indagine per tratta di minori portata avanti dalla giustizia argentina, che coinvolge decine di altre famiglie straniere

Dopo 40 giorni torna in Italia con la figlia la coppia padovana bloccata in Argentina
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La lunga attesa è terminata: i due padri di Padova bloccati in Argentina sono finalmente tornati in Italia insieme alla loro bambina di quasi due mesi, nata tramite gestazione per altri. Dopo 40 giorni di attesa, la coppia è atterrata ieri sera, giovedì 5 dicembre 2024, all’aeroporto di Venezia, concludendo un periodo di incertezza che li aveva visti fermati il 25 ottobre mentre tentavano di lasciare Buenos Aires (in copertina: immagine di repertorio).

Finalmente a casa

A confermare il ritorno è stato il loro avvocato, Maurizio Paniz, che ha spiegato al TGR Rai:

"Quella italiana è l'unica coppia ad aver avuto finora il permesso di rientrare, nonostante il diverso parere del procuratore titolare dell'indagine. La loro posizione è destinata a essere archiviata".

L'Avvocato Maurizio Paniz

"Si è riusciti a dimostrare che sono più vittime che non colpevoli. Poi è stato importante dimostrare che non vi era stato nessun pagamento, men che meno nei confronti della gestante. La loro sfortuna è essere capitati nel posto sbagliato al momento sbagliato".

L’inchiesta in Argentina

Nonostante il rientro, la coppia rimane al centro di un’indagine della magistratura argentina, che coinvolgerebbe decine di altre famiglie straniere. Come avevamo raccontato in un precedente articolo, la coppia padovana, pur non essendo direttamente indagata, ha acceso i riflettori su un’indagine per sospetta tratta internazionale di minori.

Il network responsabile, infatti, operava con collegamenti negli Stati Uniti e manteneva le comunicazioni con la gestante tramite messaggi a tempo, così da nascondere eventuali prove. Inoltre, avrebbe provveduto a stipulare un’assicurazione sanitaria per la madre biologica e ad affittarle un appartamento a Recoleta, un quartiere esclusivo di Buenos Aires.

"La coppia può essere anche vittima di tutta questa situazione", aveva affermato la dottoressa Fabiana Quaini, avvocato che aveva preso in carico il caso dall'Argentina. "Alcuni giudici ritengono che se c’è stata una vulnerabilità della madre surrogata, si tratterebbe di traffico di persone".

L'avvocatessa Fabiana Quaini

In più, l’incontro con la madre surrogata, come raccontato dall'avvocatessa, sarebbe avvenuto in maniera informale tramite la sorella della donna, la quale aveva già portato a termine un accordo simile in passato con un'altra coppia.

Gestazione per altri in un paese conservatore

L’inchiesta portata avanti in Argentina, infine, è anche conseguenza di una recente sentenza della Corte Suprema argentina, che ha giudicato illegittima la procedura adottata dal 2017 nella città autonoma di Buenos Aires. Tuttavia, la Corte non ha messo al bando la gestazione per altri, come chiarito da Maria Rachid, Segretaria Generale della Federación Argentina LGBT+:

"La Corte Suprema non ha definito la gestazione per altri un delitto, non l’ha proibita. Ha solo detto che non può rimanere in questa maniera, va risolta con l’adozione".

Maria Rachid

Le conseguenze della sentenza si sono intrecciate con il clima conservatore dell’amministrazione di Javier Milei, nuovo Presidente argentino. Alcune associazioni per i diritti, infatti, sostengono che l’inchiesta sia influenzata da questa svolta politica. In merito, Maria Rachid ha criticato duramente l’operato della magistratura:

"Quello che sta facendo la giustizia penale è una vergogna".

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