Coppia italiana fermata in Argentina: l'inchiesta si concentra sugli intermediari
La giustizia indaga per possibile tratta di minori, ma l’attenzione sembra focalizzata su un’agenzia d’intermediazione
La vicenda della coppia di uomini italiani bloccati in Argentina con la figlia neonata nata da madre surrogata, ha acceso i riflettori su un’indagine per sospetta tratta di minori, anche se i due non risultano direttamente indagati. In merito, a difendere la posizione della coppia e della madre della bambina è stata l’avvocata Fabiana Marcela Quaini, recentemente intervistata al TGR (in copertina: Buenos Aires).
Un'eventuale tratta di persone
Secondo la legale, la Gestazione per Altri (GPA) sarebbe permessa in Argentina, come confermato dalla Corte Suprema. Tuttavia, ad aggravare la situazione è l'eventuale coinvolgimento in una rete di tratta di persone e gli intermediari su cui la coppia avrebbe fatto riferimento.
Come avevamo raccontato in un precedente articolo, questa rete operava con collegamenti negli Stati Uniti e manteneva le comunicazioni con la gestante tramite messaggi a tempo, così da nascondere eventuali prove. Inoltre, avrebbe provveduto a stipulare un’assicurazione sanitaria per la madre biologica e ad affittarle un appartamento a Recoleta, un quartiere esclusivo di Buenos Aires.
"La coppia non è stata indagata, può essere anche vittima di tutta questa situazione", afferma la dottoressa Quaini. "Alcuni giudici ritengono che se c’è stata una vulnerabilità della madre surrogata, si tratterebbe di traffico di persone".
L’incontro con la madre surrogata, come raccontato dall'avvocatessa, sarebbe avvenuto in maniera informale tramite la sorella della donna, la quale aveva già portato a termine un accordo simile in passato con un'altra coppia.
Il blocco al rientro in Italia
La coppia aveva inizialmente ricevuto l’autorizzazione per partire insieme alla gestante, che avrebbe voluto accompagnarli anche per visitare l’Italia, ma il permesso è stato revocato.
"L’autorizzazione è stata prima concessa, poi è stata annullata", continua l'avvocato Quaini. "I ragazzi volevano tornare al lavoro. Quindi, stando alle dichiarazioni dei tre, la ragazza avrebbe chiesto di viaggiare con loro, affermando che non gli servisse l'autorizzazone, anche perché voleva conoscere un po' Venezia. I due ragazzi, però, avevano paura di perdere il lavoro in Italia".
Attualmente, i due si trovano in difficoltà per il rientro, essendo la questione diventata parte di un’indagine più ampia sulla rete di intermediari che opera in questo campo.
"La giustizia si concentra sugli intermediari - conclude l'avvocatessa - i genitori possono essere vittima di questo processo. Senza genitori e senza la madre surrogata, non ci sarebbe l'indagine, né il giudice di necessità per l’investigazione".