La sentenza

Ascensore nella Rocca di Monselice: "Non c'era alcun reato"

Il Tribunale certifica l'infondatezza dell'esposto avanzato nel 2008 dai Verdi. A causa dell'indagine l'ascensore non è stato fatto e i finanziamenti sono andati perduti

Ascensore nella Rocca di Monselice: "Non c'era alcun reato"
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Ci sono voluti 15 anni ma alla fine la verità è emersa: nel cantiere per la realizzazione dell'ascensore sulla Rocca non ci sono stati reati di nessun tipo. Massimo Valandro (all'epoca dei fatti capo ufficio tecnico del comune di Monselice) difeso dall'avvocato di Este Italo Begozzo, Andrea Cisco (all'epoca responsabile dell'ufficio tecnico della Regione) e Roberto Dall'Armi (direttore dei lavori) hanno rinunciato alla prescrizione per farsi giudicare nel merito e la magistratura ha sancito la loro totale correttezza.

Il sequestro partito da un esposto dei verdi

La fine del cantiere che doveva portare a realizzare il cantiere sulla Rocca inizia nel 2008 quando la magistratura ordinaria, sulla base di un esposto firmato da tre esponenti ambientalisti, Francesco Miazzi, Paolo De Marchi e Gianni Sandon, decide di mettere sotto sequestro il cantiere. In quel momento erano già stati scavati 78 degli 82 metri previsti per la galleria orizzontale e stava per iniziare lo scavo verticale.

Va anche segnalato che prima di quel momento l'assegnazione dell'appalto Regionale era già stato esaminato sia da Tar che dal Consiglio di Stato che avevano sempre stabilito la correttezza delle procedure. Il ricorso alla magistratura ordinaria però cambia tutto. Il cantiere viene messo sotto sequestro, i finanziamenti bloccati e l'opera tramonta definitivamente, lasciando uno squarcio nel cuore del colle che caratterizza Monselice.

La rinuncia alla prescrizione

Sotto processo finiscono i tecnici regionali, comunali e i responsabili della ditta appaltatrice. Nel 2014 arriva l'assoluzione perché 'il fatto non costituisce reato' a causa dell'avvenuta prescrizione. Ma gli imputati decidono di rinunciare a questa possibilità, fanno ricorso e si fanno giudicare nel merito fino a che oggi, dopo altri 9 anni, arriva anche l'ultima conferma con l'assoluzione per non aver commesso il fatto.

L'esposto era infondato e non ha prodotto effetti dal punto di vista penale ma ha modificato sostanzialmente la situazione del colle che ha visto sfumare la possibilità di avere l'ascensore e ha perso i contributi europei. L'azienda che allora era risultata appaltatrice è fallita e per molti anni la Cava della Rocca è stata inutilizzabile.

Si può riaprire il dibattito?

L'ascensore interno al colle che doveva servire per arrivare sulla sommità della Rocca era stato al centro di un ampio dibattito in città ma alla fine la Regione, che della Rocca è proprietaria, aveva deciso di percorrere questa strada e i cantieri erano già a buon punto quando è arrivata la scure della magistratura.

La Regione ha recentemente messo nero su bianco la sua volontà di tornare ad investire sullo sviluppo turistico della Rocca di Monselice  ma è evidente che le potenzialità del colle, per essere sviluppate appieno, passano forzatamente dalla possibilità di arrivare al torrione anche senza affrontare a piedi la salita che bisogna affrontare per salire e che include anche la lunghissima scalinata che parte da Villa Duodo.

Un ascensore o una modalità di salita sono essenziali per aumentare la possibilità di sfruttare turisticamente questo gioiello; la politica tornerà a parlarne sperando che non ci sia di nuovo chi, brandendo un'arma giudiziaria, impedisca alla città di sfruttare tutto il suo potenziale.

Foto di Nicolò Zangirolami

 

 

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