Morte della volontaria Lucia Tornabruni, i famigliari: "Chiediamo giustizia e rispetto"
Nell’udienza preliminare tenutasi martedì a Venezia, A. C., 45 anni, di Campodarsego, ha chiesto tramite il proprio avvocato il rito abbreviato e confida di essere assolto.
“Come si può pretendere di essere assolti da un’accusa di omicidio stradale se si correva a 35 km/h in più del limite di velocità prescritto, e per di più in corrispondenza di un incrocio pericoloso?”.
Volontaria molto conosciuta perse la vita in un incidente stradale
Sono rimasti amareggiati, come riporta Prima Venezia, i familiari di Lucia Tornabruni dalle dichiarazioni del legale dell’automobilista rinviato a giudizio per il tragico incidente a seguito del quale la loro cara ha perso la vita. Nell’udienza preliminare tenutasi martedì 25 maggio 2021, in Tribunale a Venezia, avanti il giudice Luca Marini, A. C., 45 anni, di Campodarsego (Pd), ha chiesto tramite il proprio avvocato il rito abbreviato e confida di essere assolto. Ma i figli della sessantanovenne di Santa Maria di Sala non ci stanno all’eventualità che tutta la responsabilità del sinistro sia ascritta alla loro congiunta.
La tragedia si è consumata il 12 ottobre 2019 in uno dei tanti, insidiosi incroci a raso del graticolato romano, quello tra via Pianiga e via Caltana, tratto della Provinciale 30, nel territorio salese, già teatro di sinistri gravi e mortali. La donna, rimasta vedova da quattro anni e molto conosciuta e ben voluta in paese anche per la sua attività di volontariato alle sagre paesane, si era immessa con la sua Fiat Panda su via Caltana da via Pianiga svoltando a sinistra verso Scaltenigo, ed è stato allora che la sua utilitaria è stata centrata dalla Fiat Bravo condotta da A. C., che sopraggiungeva in via Caltana e che era diretto verso il centro di Caltana: un impatto tremendo, proprio sul lato conducente della Panda, in seguito al quale entrambe le vetture sono finite nel fossato e che non ha lasciato scampo a Lucia Tornabruni.
Non c’è dubbio che la vittima ha mancato lo stop, ma è altrettanto assodato che l’automobilista sopraggiungeva a una velocità di 85 km/h contro il limite di 50 e per di più in prossimità di un incrocio. Le “certezze” di assoluzione dell’imputato si basano su una delle considerazioni del perito industriale Alberto Conte, il consulente tecnico d’ufficio a cui il Pubblico Ministero titolare del procedimento penale per omicidio stradale, il dott. Stefano Buccini, ha affidato l’incarico di redigere la perizia cinematica per chiarire dinamica, cause e responsabilità del sinistro, e cioè che il conducente della Bravo, per evitare lo scontro, avrebbe dovuto procedere a 38 km all’ora. Ma è altrettanto vero che se avesse tenuto un’andatura consona probabilmente la vittima lo avrebbe scorto in tempo e avrebbe frenato, e di certo l’impatto avrebbe avuto conseguenze meno devastanti.
I famigliari: “Chiediamo giustizia e rispetto”
Il Ctu infatti ha lasciato al Pm il compito di valutare quale andatura fosse “esigibile” da parte dell’imputato in considerazione dello stato dei luoghi e il Sostituto Procuratore ha ritenuto che le accuse formulate a carico di A. C. siano ben sostenibili in giudizio chiedendone il processo “per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza di norme, regolamenti e discipline – per citare la richiesta del magistrato -, in particolare, tra l’altro, in violazione degli articoli 142 commi 1 e 2 e 141 commi 1 e 3 del Codice della Strada, procedendo alla velocità di 85 km/h non osservando il limite consentito di 50 km/h – già ridotto un quel tratto in ragione della pericolosità della strada rispetto al limite di 90 km/h previsto in generale per le strade extraurbane – e in ogni caso non regolando appropriatamente la propria velocità in prossimità dell’incrocio (…) A. C. non riusciva a impostare alcuna manovra diversiva e collideva violentemente con l’autovettura di Lucia Tornabruni, facendola scarrocciare, a causa dell’elevata velocità di marcia al momento dell’impatto, per diversi metri, sfondando il guardrail fino a precipitare nel fossato adiacente, cagionandone così il decesso”.
Di più, Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, a cui i familiari della sessantanovenne, attraverso il responsabile della sede di Dolo, Riccardo Vizzi, si sono affidati, ha già ottenuto da tempo per i propri assistiti un equo risarcimento per la gravissima perdita patita da parte della compagnia di assicurazione dell’auto di controparte, che ha dunque riconosciuto il concorso di colpa del proprio assicurato.
“Non proviamo sentimenti di odio e di vendetta nei confronti dell’imputato – spiegano i figli della vittima – ma chiediamo che si assuma la sua parte di responsabilità in questa tragedia e di ottenere un po’ di giustizia per nostra madre”.